La Chiesa di San Pietro in Vincoli è in una posizione incantata, su un poggio che se non ci fosse sarebbe impossibile inventarlo, tanto è bello.
Visibile da ovunque, la Chiesa di Villar Perosa è stata messa lì dalla storia: una storia triste di guerre tra fratelli, una storia di nobiltà dozzinale, una storia di ricchi che segnano il tempo e i luoghi alla ricerca dell’eternità.
“È simile alla Basilica di Superga”, si insegnava ai bambini nelle scuole di Villar tanti anni fa; “è stata eretta dallo stesso architetto”, si diceva per aumentarne l’importanza, anche se non era vero, ma nessuno lo sapeva.
“È la chiesa di Agnelli”, diceva e dice ancora la gente delle valli, con un misto di ammirazione e invidia.
Ma la chiesa c’era ben prima degli Agnelli e della RIV, che la ricchezza hanno portato. Afferendo a Villar Perosa una caduca identità.
Ma si scannino gli storici e i sapienti, su questi temi, pure loro caduchi e superati dal tempo.
Quel ch’è certo è che in quella Chiesa la gente ha inciso le sue tappe più importanti, gioiose e tristi, dalle nascite ai matrimoni, alle feste, dall’ultimo saluto agli addii senza ritorno. Gioia e dolore. Sorrisi e pianti. Speranza e disperazione. Sentimenti che fanno la storia davvero, di tutti, quella che segna e rimane nei cuori.
E, ancora, è certo che San Pietro è bellissima. Tutto vi è curato, ricercato, armonioso. Cultura fine l’ha voluta; delicatezza e buon gusto, forse affetto, l’hanno ornata. Sono le qualità che, un tempo, i ricchi porgevano ai poveri, per loro, e per se stessi e la propria coscienza.
Oggi la Chiesa sul poggio più dolce non è più brillante e lucente di bellezza ostentata.
Ma come i visi dei vecchi sono affascinanti perché le rughe non sono marchio di debolezza ma d’esperienza e amore dato, così la chiesa di Villar Perosa si corona dei segni del tempo, che le disegnano il volto porgendole dignità forse mai raggiunta.
Infine, è certo, oggi San Pietro in Vincoli di Villar Perosa è di tutti: dei villaresi che l’amano e degli abitanti delle Valli che l’invidiano forse un po’, e di ogni persona di ogni terra ovunque stesa al sole.
Per questo è tanto bella e il tempo la segna in meglio, gentile e non più fiera, sul suo poggio incantato.
In verità, che fosse di tutti, si sapeva da tempo, come tutte le chiese.
Per via delle campane.
Il loro suono, che non è suono ma canto, vola ovunque sulle ali del vento, e siccome a volte il vento è pigro e indugia basso, il canto delle campane vola sulle ali dei sogni e dei pensieri belli, per raggiungere tutti, gli umili e chi si pensa forte, i poveri e i ricchi. E poiché non si può fermare il vento, come non si possono fermare i pensieri e i sogni, e tutti ne han qualcuno, le campane raggiungono e coccolano tutti, e ascoltano e proteggono col canto ognuno. Da secoli. E si vede che è da così tanto tempo; carezzandole da vicino con gli occhi e con le mani, sembrano stanche, le campane di San Pietro; forse perché son stanchi e rari pure i pensieri e i sogni belli.
Ma ugualmente continuano a cantare. Per tutti.
Perché se non lo facessero si fermerebbe il vento, e i sogni, e i pensieri belli.
E non ne nascerebbero più.