Due nomi altisonanti, l’uno di un santo, l’altro d’una linea di cosmetici, fanno importante il villaggio alpino che li porta, Bernard di Garnier, a Roure. Su in alto, dalla parte della Valle di San Martino, ma con gli occhi volti alla Cristalliera e ai monti attorno; fiero, quel villaggio, a guardarli in faccia.
A onor del vero se anche non avesse nomi importanti a segnarlo sulla carta, Bernard di Garnier sarebbe importante lo stesso, perché è bellissimo.
Manca soltanto l’uomo in quel villaggio, fuggito tanto tempo fa da quei luoghi splendidi; perché lo splendore non l’apprezzi se la pancia ti duole di fame.
Manca la mano dell’uomo a fermare il viso delle case nel tempo; carnefice, il tempo, che vuole la pietra torni alla pietra della terra lasciandone volare l’anima, a scomparire per sempre sulle vette bianche di neve precoce; per sempre, perché non c’è paradiso per l’anima delle pietre amate e rese belle dal lavoro dell’uomo.
Pietre di bellezza.
Torrioni di pietra
La stessa pietra fatta a torrioni che svetta poco sotto sulla valle del Chisone.
L’uomo ha imparato di lì a costruire.
La scopri a incantarti nei muri, qui più ricchi che altrove.
Di grate di pietra, fatte per sfida, oltre che per gioco. Perché è più facile farle di legno, se pur caduche. Lo sono lo stesso, caduche, perché se non c’è l’uomo cedono i muri che le incastonano.
Grate e archi e gradini plasmano forme solenni; gli antichi costruttori non sapevano d’amare tanto il bello, così da renderlo eterno nella pietra. Non lo sapevano perché a Bernard tutto quello che vedi è bello, coronato da un cerchio d’orizzonte bellissimo.
E quando una cosa è tua facile, l’ami meno.
Stanno cadendo le cose belle di quel villaggio alto di Roure, si stanno perdendo: allora, è tempo d’amarle.
Tutte. A partire dal silenzio che vi regna, dal colore esplosivo dei larici toccati dal primo freddo, dalla fiera snellezza degli abeti bianchi a corona d’una casa, dalle lame di bronzo infuocato delle assi antiche piallate a renderle dolci al tatto.
E pure le lame azzurre di luce che attraversano i tetti feriti sono belle, e da amare, anche se segno di morte per quei tetti, che non possiamo vedere perché troppo alti, ma di certo belli come il resto, e forse più, prossimi come sono al cielo.
La bellezza di Bernard sgorga dalla pietra e pervade tutto: la senti sulla pelle, la respiri, la tocchi con gli occhi.
Mentre ce ne andiamo, un pettirosso sparge al vento le sue note malinconiche e dolcissime di flauto alato.
Dice di ricordare e tornare. In silenzio. Come abbiamo fatto oggi.