Il Giacu Poiana

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In quel tratto il sentiero corre quasi pianeggiante sotto una cupola di noccioli, intervallati qua e là da querce che si slanciano al cielo per cercare la luce.
In estate è buio lì sotto e i numerosi uccelli che frequentano quelle ombre rassicuranti e ricche di cibo sono invisibili, schermati dalle foglie: di loro senti soltanto i richiami e i canti.
In inverno invece, dopo che il gelo ha svolto il suo lavoro e il vento ha strapazzato i rami facendo volare lontano le foglie, il sentiero è illuminato dal sole, in un modo strano, a strisce sottili secondo le ombre proiettate a terra dagli esili fusti dei noccioli, ma è tutto chiaro e non ci sono zone nascoste, particolari, punti vietati agli occhi.
Improvviso, il fischio acuto e sferzante di una poiana, appena sopra di me, mi fa alzare gli occhi. Questa volta non mi scappa, mi dico pensando a quante volte dopo quel fischio inconfondibile ho potuto soltanto vedere un grande uccello sparire tra le fronde, o scivolare lesto nel cielo verso l’orizzonte. Questa volta la vedo da vicino, mi ripeto, non può scomparire.
Invece sopra la mia testa non c’è nessuna poiana ma una più banale, si fa per dire, ghiandaia, un Giacu come la chiamavano i miei vecchi o, ancora, Gai. La osservo vicinissima passare dai noccioli ai rami più bassi d’una vicina quercia. Indifferente alla mia presenza, intanto che chiacchiericchia, come fanno spesso questi corvidi, bravissimi nel rifare il verso di altri animali o suoni che a loro paiono intriganti. Sembra che ridacchi alle mie spalle che ci sono cascato, sottovoce e con grazia.
I rami della quercia sono come una scala a pioli e la ghiandaia, borbottando tra se e se, sale piolo dopo piolo, senza fretta, senza paura. Provo a rifare anch’io qualche verso d’uccello, per confonderla, per incuriosirla, per fermarla. Non si scompone, devo sembrarle ridicolo, indegno d’attenzione, e continua a salire saltello dopo saltello, senza aprire le ali. Mi costringe a piegare il capo all’indietro tanto da provarne fastidio, e alla fine sono io quello che si stanca e smette di giocare.
Mi arrendo e me ne vado mentre lei continua a salire.
La ghiandaia, il Gai, Giacu, è una delle anime segrete della mia terra, una delle più belle e misteriose, capace nel tempo dei tempi di entrare nell’immaginario collettivo della gente, di diventare mitica.
E di restarlo ancora oggi, se appena ti soffermi ad ascoltare le voci del bosco.
(Immagini di N. Perassi)