Il Lago dell’Uomo

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IL Lago dell'UomoLa Val Germanasca custodisce attraverso la memoria orale prima e la ricerca di studiosi locali poi una miniera di leggende e racconti popolari. Non saprei dire quale leggenda o racconto mi affascini di più. Oggi mi lascio trasportare da un ricordo d’infanzia. Un ricordo di scuola elementare. Il mio maestro ci raccontava le leggende della valle e ci invitava a raccontarla a nostra volta, per iscritto, in modo chiaro ed essenziale. Mi piaceva molto perché potevo sbizzarrirmi nel dare un nome che volevo ai vari personaggi dando di essi una descrizione che poteva anche sembrare un po’ cattiva. Io scaricavo sul racconto le antipatie, rilassandomi, e il maestro otteneva da tutti noi il riassunto, un esercizio di scrittura non sempre amato.
Sull’onda del ricordo quindi salgo a Prali, mi siedo in seggiovia, raggiungo il Bric Rond e cammino verso il lago dell’Uomo, nella Conca dei Tredici Laghi.
Incontro una rana vanitosa che pare mettersi in posa per la fotografia. Forse vanitosa non è ma solamente guardinga e preferisce l’immobilità, nella speranza di non farsi notare, al guizzo fulmineo che ne avrebbe rivelato la presenza.
Osservato dall’alto il lago dell’Uomo fa provare un brivido nel pensare che in un tempo leggendario un essere umano, non soddisfatto dell’obiettivo raggiunto abbia seguito un istinto cieco di vanagloria che l’ha fatto precipitare giù sul fondo di quello specchio d’acqua.
La leggenda ci dice infatti che una bellissima ragazza di Prali doveva andare in moglie a colui che fosse riuscito ad attraversare il lago. Siccome la ragazza era anche molto facoltosa parecchi pretendenti salirono alla conca dei Tredici Laghi e dall’alto guardavano lo specchio d’acqua ma nessuno ebbe il coraggio di compiere la traversata. Passarono gli anni e finalmente arrivò un temerario che dichiarò che avrebbe attraversato il lago sul dorso di un caprone aiutato niente di meno che da Dio. Una folla salì alla Conca e il prode giovane iniziò la traversata raggiungendo l’altra riva. Negli occhi della ragazza si poteva leggere la felicità perché il ragazzo era non solo coraggioso ma anche bello. Però il giovane fu preso da un delirio di onnipotenza e di fronte agli applausi, ai complimenti, all’entusiasmo della folla dimenticò il suo obiettivo che peraltro era stato raggiunto e dichiarò che avrebbe compiuto anche la traversata di ritorno. Questa volta ebbe pure l’ardire di dire che la sua impresa sarebbe stata compiuta “sia che Dio volesse, sia che Dio non lo volesse”. Ahimè! Questa volta la sorte gli fu avversa e nel bel mezzo del lago il caprone iniziò a sprofondare nelle gelide acque e con lui il giovane.
Ognuno di noi tragga l’insegnamento che vuole da questa leggenda del cui protagonista rimane il ricordo attraverso il nome del lago.
(C. Reymondo)
Eriofori - Foto M. De Casa(Guarda le immagini)