Serrondet

con Nessun commento
Il vallone di Bourcet

Il vallone di Bourcet è una profonda ferita della terra che, partendo dalle acque del Torrente Chisone, s’avvia verso l’alto, e soltanto lassù s’allarga un po’ per respirare.
L’ultimo villaggio che s’incontra, risalendo le acque del Rio Bourcet, è Serrondet.
Ammirato dall’alto del Col Clapier, un villaggio di fiaba. Tanto bello che vien voglia d’andarci.
Non c’è più nessuno.
Chissà quando se n’è andato l’ultimo di quella gente. Che doveva essere piccolina, a vedere quanto sono corti i letti, e basse le porte.
Soltanto un sentiero porta tra le case, e questo le difende. I ladri sono passati anche lì, il saccheggio c’è stato, ma forse più lieve che in altri villaggi di Bourcet.
Leggere nelle case i segni della gente ch’è stata é affascinante e bello. È come entrare in una macchina del tempo, ma occorre attenzione a non farsi ingannare: sembra tutto vecchissimo ma non è trascorso un secolo da quando l’ultimo è partito.
Il vento a tratti ha pulito i pavimenti, lucidando le pietre belle. Dove i tetti non hanno ceduto, il secco ha conservato gli oggetti. Tanti, inutili, perché nulla si buttava, dolci e malinconici, come una poesia, una poesia di gente e di tempo.
Il camino esibisce orgoglioso i fregi incisi in fronte e gli aloni neri per dire che è stato vivo. Mucchi di bottiglie resistono alla polvere per mostrare ancora il volto, ch’era di gioia e di festa. Ogni tanto. A Natale? Per il Patrono?

Una profonda ferita della terra

Le posate sulle pietre sono esauste, come le stufe, smembrate e riunite a gruppo – chissà perché: per essere rubate? Ma vive, quelle posate e quelle stufe, più forti della ruggine che le ha coperte. Come un lenzuolo, per proteggerle.
La luce illumina di taglio quei ricordi, rende evanescente la scena, la fa più bella.
Resto in silenzio per cogliere qualche suono andato, smarrito tra le pietre, qualche voce che indugia prima di partire per sempre: succede; a volte gli antichi suoni rimangono a lungo nell’aria.
Il vento mi capisce e tace, mi aiuta ad ascoltare. Ma non giunge nulla, tutto è zitto, tutto è fuggito, tutto sembra andato.
Resta il ricordo, bello, come sono belli i sogni. Ma questo non è un sogno, è tutto vero.
Esco tra le case, in punta di piedi; chissà che non si possa incontrare qualche fata, che non avendo età è più forte del tempo e gli va oltre. Di quelle che animavano i racconti dei vecchi di Serrondet nelle notti d’inverno vicino al camino.
Che fumava per ricamarsi di nero le ciglia sulla fronte disegnata in legno.

Serrondet da Col Clapier

Clicca sulle foto per vederle ingrandite