Le patate di Comba Garino

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La meta era Conca Cialancia, ma la pioggia ci ha fermato prima, quand’era ancora notte, a valle di Perrero. Cambio programma, svolta a sinistra e, superato il Torrente Germasca, si sale.
Dopo un bel po’, ci ispira Comba Garino, perché c’è una grande costruzione gialla, che scambiamo per la Cappella Valdese. Invece è “Cà Nosta”, cattolici. Un cartello educato ci dice benvenuti, “chiunque voi siate”. Anche le giornate storte si possono drizzare.
Incontriamo due persone, un uomo e una donna, intente al raccolto delle patate. Chiacchieriamo. Patate, il cibo spesso unico, assieme al latte, della mia gente antica. Cresciute in una terra piena di sassi, ripida, a scolare l’acqua, quelle patate. Sono migliori. Oggi un lusso, per gente ricca, con tanti soldi e nessun gusto; oppure per la gente che ricorda, che lavora a ritmo di sole. E legge ancora il tempo nelle nuvole o nella posizione dei nidi di formica.
Patate. Patate e latte, un tempo. Cibo bianco in piatti bianchi, senza ricami, puliti. Chilometri zero, sapore tanto.
Oggi accanto alle patate i nostri amici metteranno forse il salame, o le ossa sotto sale del maiale.
Un lusso permesso. E di lusso si tratta davvero. Perché è buono e sincero quel cibo. Senza etichette e insegne. Puro.
Le patate di Comba Garino, di amici incontrati per caso all’alba di un giorno di settembre, a causa della pioggia.