Il giorno della riflessione

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Lo chiamano giorno dei morti. Il 2 di novembre. Più finemente, ricorrenza, anniversario, commemorazione dei defunti.
Un tempo era festa, per darci modo di recarci sulle tombe.
Sacrificata, la festa, in nome d’una ignota efficienza, d’una chimerica crescita. Della velocità, della fretta.
Giorno dei morti per ricordare, esercizio oggi obsoleto. Ricordare chi ci ha dato la vita, l’amore, il cibo, la casa; chi ci ha insegnato le cose del mondo, l’onestà, la rettitudine: esercizi obsoleti anche questi.
Chi ci ha insegnato la gioia. Il più bello e il più importante degli esercizi, assieme alla serenità. Esercizi estinti.
Chi ci ha insegnato che il tempo è uno solo, non comprimibile e non dilatabile.
Per tutto questo non serve una festa e nemmeno una ricorrenza. Non c’è nome idoneo alla descrizione efficace del ricordo.
Che dovrebbe essere vivo ogni giorno, quale fonte di crescita, interiore, e di riflessione.
Ecco, il giorno del ricordo dei defunti, o festa dei morti se preferite, noi lo chiameremmo Giorno della Riflessione.
E lo faremmo festivo.
Per raccogliersi meglio.