Alla velocità della luce

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La stazione eliografica di Punta del Mezzodì
La stazione eliografica di Punta del Mezzodì

Partendo dal colle delle Finestre, dopo circa un’ora di salita lungo una strada militare non più praticabile dai mezzi motorizzati, tagliando longitudinalmente una china ripida e scoscesa popolata da camosci, si giunge al Colle della Vecchia.
Oltre, ancora più su, il mondo cambia. Dietro il colle e il suo pietrone, il Dente della Vecchia, si apre una valle sospesa splendida, percorsa sul suo lato a levante dalla vecchia strada, oggi orrendamente chiamata “Sentiero Balcone”, che conduce prima al Ciantiplagna, poi al Gran Seren e, infine, al Colle dell’Assietta. Un percorso magnifico, a tratti sulla Val di Susa e a tratti su quella del Chisone.
La salita che conduce ad affacciarsi alle Valle di Susa, presso Punta del Mezzodì, sbuca di colpo sull’orizzonte e, proprio al centro di quella vista ampia di cielo, ecco una costruzione, in pietra, antica. Una vecchia struttura militare.
Ce ne sono molte su tutta la cresta, fino al Col Basset e oltre, fino al Sestriere.
Però questa è strana, nelle forme, nelle dimensioni, nel suo non cercare di nascondersi. Il mimetismo è la prima caratteristica dei forti e delle strutture collegate.
Un cartello lì vicino svela il mistero. Quella era una stazione eliografica, cioè un luogo da dove, usando la luce del sole, si appoggiavano e si ritrasmettevano i messaggi dei vari forti. In particolare quello delle Valli, sopra Fenestrelle, quello del Moncenisio e quello del Gran Seren. Come gli indiani del Nord America con gli specchietti. Quella costruzione era una centrale telefonica primordiale.
La stazione sorge in un punto panoramico spettacolare con vista a 180 gradi sulla Valle di Susa.
Non possiamo fare a meno di pensare che questa meraviglia, e tante altre come lei che stanno crollando e scomparendo sulle montagne, sono state costruite a fini bellici, a fini di guerra, di morte. Anche se difensiva, quella guerra. Consola pensare che lì non si è mai combattuto. Suscita meraviglia immaginare i raggi del sole catturati e inviati lontano molti chilometri alla velocità della luce.
Lo scorrere del tempo induce a vedere con occhi diversi le cose. Quelle strutture di guerra, finalizzate a uccidere, oggi che tacciono sono bellissime. Portano ad apprezzare la bravura tecnica dei padri, capaci di cose incredibili con mezzi umili e semplici: la pietra, il sole; portano ad ammirarli; e non possiamo fare a meno di considerare con amarezza quale peccato sia lasciare perire un patrimonio simile.
La nostra storia, le nostre origini, le nostre radici.
Non ci sono i soldi, dicono i saccenti. Certo. Se però in questo paese ci fossero un po’ meno ladri e un po’ più persone sagge, e oneste, ovvero se fossimo migliori – basterebbe poco – e i soldi ci sarebbero. E la comprensione della storia ne trarrebbe giovamento. Ma un popolo che conosce la storia non piace a chi governa.
Anche se il popolo che non ha, o che dimentica, la propria storia, non ha ieri.
E neppure domani.
Neanche chi lo comanda.

La stazione eliografica di Punta del Mezzodì
La stazione eliografica di Punta del Mezzodì

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