La ‘Masca’ di Tagliaretto

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La chiesa di Tagliaretto
La chiesa di Tagliaretto

Lungo il sentiero che conduce a Gran Dubbione, l’antico Magno Dublone, ci si imbatte nella borgata di Tagliaretto. La chiesa dedicata a San Giovanni Battista si erge accanto al piccolo cimitero sulla cui porta spicca una scritta che intimorisce “ Oggi a mè domani a tè”. L’accento sui pronomi pare suggellare maggiormente il messaggio.
Tagliaretto ha una storia ricca ma oggi, per riprenderci un po’ dai messaggi forti, vi riporto una leggenda perché anche una piccola borgata come questa ha visto un fiorire di racconti ispirati ad avvenimenti veri o…quasi veri.
Un giovanotto di Tagliaretto aveva una fidanzata che come lui abitava in quel minuscolo borgo aggrappato alla montagna. La loro storia scorreva tranquilla. Un giorno però il ragazzo si invaghì di un’altra fanciulla che abitava altrove, nella borgata Badola. Per un po’ cercò di dimenticarla ma il suo viso gli compariva sempre davanti. Naturalmente cercò di non far trapelare quest’infatuazione per la bella di Badola, continuando a frequentare anche la sua storica fidanzata di Tagliaretto.

La porta del cimitero
La porta del cimitero

Una sera però decise di recarsi da questa bella ragazza che gli aveva stregato il cuore. In gran segreto, quando il buio ormai era quasi completo, scese il sentiero che da Tagliaretto porta a Badola. Giunto sul Ponte di Pietra che permette ai viandanti di superare il rio Gran Dubbione, si fermò di colpo. Due terrificanti occhi rossi lo fissavano. Il giovane provò a scappare ma il terrore l’aveva come inchiodato al terreno. Nel buio qualcosa si muoveva. I due occhi si stavano avvicinando. Lui non riusciva quasi più a respirare. Poi lo vide. Una creatura coperta di peli neri, ispidi, lo stava guardando. Sentiva il digrignare dei denti di quell’orribile essere che gli sbarrava il passo. Non si sa come ma il ragazzo riuscì a liberarsi per un attimo dall’ossessione dei due occhi rossi e prese un ramo lì vicino. Con la forza nata dalla disperazione o dalla paura di dover morire, colpì quell’essere. Lo colpì con vigore, alla cieca. Una specie di urlo lacerò il buio e l’essere si dileguò nella notte. Il ragazzo si voltò e di corsa ritornò sui suoi passi; raggiunse la sua casa; con mano tremante aprì l’uscio e si buttò, vestito com’era, sul letto. Non dormì. Il giorno dopo uscì di casa e ancora frastornato prese la decisione di raccontare tutto alla fidanzata, sperando in un suo gesto di comprensione per un tradimento che alla fin fine poi non vi era mai stato. La ragazza era accanto alla fontana. Aveva un braccio fasciato. Il giovane capì. Era stata lei. La dolce e graziosa fanciulla era una masca e la gelosia l’aveva trasformata in cinghiale. Quello stesso cinghiale che con occhi rossi, peli ispidi, denti digrignanti aveva cercato di ostacolarlo nella sua discesa verso Badola. La ragazza si voltò e sorrise al giovanotto mentre una ciocca di capelli nerissimi le scivolò lungo le spalle.
Nessuno sa come sia realmente finita la storia. Possiamo solo immaginarlo. Questo però è affare di ogni lettore.
Tagliaretto intanto continua a vivere attraverso chi lo ama e lo custodisce come un gioiellino. Erba tagliata, case in ordine, cura dei particolari. Anche la sua storia è custodita e in un altro momento vi racconterò ancora qualcosa, di serio ovviamente.
(C. Reymondo)

Il forno sociale
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