Le Miande Laouzarot

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Parlare ancora di neve ora, dopo il caldo scoppiato all’improvviso, può apparire fuori luogo. L’escursione che ho effettuato con le ciaspole alcuni giorni orsono mi ha regalato ancora le emozioni della neve poiché in alto la coltre bianca ricopre il terreno.
I raggi del sole sono comunque caldi e l’azzurro del cielo dà risalto al candore che mi circonda. Sul versante opposto è tutto un fragore di slavine. Uno spettacolo della forza della natura.
Dalla frazione Giordano di Prali intendevo salire alle bergerie del Touré. Dal bivio dove il sentiero si divide per raggiungere le Miandette seguo la tenue traccia di uno scialpinista e cammino immersa nella bellezza della giornata e dei miei pensieri. Così salgo un po’ troppo e quando mi rendo conto di ciò ormai le bergerie del Touré sono là, in basso.
Mi fermo e osservo ciò che mi circonda. È bellissimo questo mondo di neve, rocce, larici. Le slavine si susseguono e riesco con l’occhio e non solo con l’udito a coglierne alcune nella loro caduta.
Siccome raggiungere le bergerie da quassù è una bella fatica poiché occorre aprirsi un varco nella neve, decido di abbandonare l’idea e inizio a scendere. Incontro un piccolissimo ragno che cammina svelto sulla neve per poi fermarsi di colpo e mi rendo conto che non so nulla delle abitudini di questo animaletto, anzi mi stupisco di incontrarne uno qui.
Lungo il sentiero mi lascio attrarre da altre bergerie che vedo in basso e capisco che si tratta delle Miande Laouzarot. Un candido pendio le sovrasta e lo percorro, tracciando curve che scendono accanto a quelle lasciate da un paio di sci. Eleganti e snelle quelle, mentre le mie sono potenti e allegre. È divertente questa sciata con ciaspole!
Le miande sono fatte di pietra e legno. Soprattutto pietra. Sul tetto la neve è tanta ed è difficile immaginare che in questo luogo fra un paio di mesi ci saranno animali e pastori e i cani faranno buona guardia. Le porte colorate di verde e i fili stesi sicuramente per un preciso motivo attendono l’arrivo delle voci, dei latrati e dei versi degli animali.
Dietro alle case spunta un masso. Sembra grande anche se ora è parecchio coperto dalla neve.
Quando lascio le bergerie, mi volto indietro e lo spettacolo delle nuvole, del sole, della luce e dell’ombra, delle pietre che spiccano nel bianco è davvero unico nella sua semplice grandiosità. Mi domando che mai vorrà dire “Laouzarot”.
Risolverò il quesito solamente a casa, quando leggerò nel libro di Elena e Ines Breusa “Lou barabicchou dë Galmount” che la località deve il suo nome alla presenza di un affioramento roccioso posto alle spalle dell’abitato. Laouzarot è quindi il diminutivo di Laouzo, la lastra di pietra usata per i tetti.
Semplice e molto sensato.
(C. Reymondo)

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