Sulle orme dei Saraceni

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Il sentieroSeguendo il ricordo di un’intensa chiacchierata che feci un giorno con il proprietario di una delle bellissime case ristrutturate a “Les touches”, meglio noto come “Le tucce”, località posta sulla montagna sopra Ville Cloze nel comune di Fenestrelle, decisi di ripercorrere il bellissimo sentiero che unisce questo agglomerato di antiche baite al villaggio di La Latta.
Pare che in tempi lontanissimi, prima dell’anno mille, questo sentiero rappresentasse una via di fuga alle scorribande dei saraceni.
Se è stata accertata storicamente la presenza dei saraceni in valle nell’immaginario delle genti attraverso i secoli intorno a costoro sorsero leggende, racconti incredibili e la difesa da parte dei valligiani divenne eroismo, miracolo, gesta mitiche.
Attraversato il bosco di conifere, poco oltre un piccolo corso d’acqua, si para davanti agli occhi una rupe maestosa che il sentiero percorre attraversandola. A lato la pietra gialla chiazzata di nero. All’opposto il vuoto del baratro. Là dove il sentiero potrebbe scivolare nell’abisso, le pietre di un muro a secco, costruito non si sa come, lo costringono a star su, a dare passo sicuro a chi vuole fuggire portando con sé animali o suppellettili. È tanta la suggestione che si respira se ci lascia andare ai racconti che taluni interpretano come storia. Sono fin troppe le ricerche approssimative condotte dagli storici del settecento e dell’ottocento e poi riprese nei decenni successivi ripetendo l’errore iniziale che, partendo da un toponimo riferito ai saraceni, designavano le varie località come luoghi di battaglie epiche.
Non so se questo sentiero sia stato percorso anche da uomini dalla carnagione scura, decisi, forti, vestiti con abiti colorati, la testa avvolta da turbanti di seta, che impugnavano scimitarre ricurve mentre i monili che cingevano il loro collo scintillavano al sole.
D’improvviso però la roccia si curva verso il basso e anche il tuo corpo si china perché il passaggio sembra abbassarsi. Poi la pietra non c’è più. Il paesaggio cambia: davanti agli occhi la dolcezza di un breve pianoro e alle spalle il bosco superato da poco, prima delle rocce da dove ancora provengono suoni di una parlata lontana.

La Latta
La Latta

Ancora un piccolo ruscello e le prime case di La Latta compaiono all’orizzonte.
Una buffa piccola cascata irrompe sul sentiero. Le gocce d’acqua mi raggiungono e i pensieri prendono un’altra direzione. Saraceni, fughe e battaglie scompaiono.
Nel villaggio di La Latta, grazioso e pieno di vita nonostante l’inizio marzo, scopro un angolo curioso. Una fontana in metallo fa bella mostra di sé e attirata dal suono argentino dell’acqua mi avvicino. Reca incisa un’iscrizione e un simbolo. La fontana fu realizzata fra il 28 ottobre 1937 e il 27 ottobre 1938. A settembre del 1938 fu emanato il primo decreto di quelle che passeranno alla storia come le leggi razziali. Un brivido mi percuote l’animo: quella fontana, segno materiale della storia, mi riporta alla memoria il percorso che si compì in quegli anni tragici. Dalla necessità impellente di sicurezza e di ordine si giunse in breve all’olio di ricino, al carcere per gli oppositori, alle leggi razziali, alla discriminazione, alla guerra, al filo spinato dei campi sorti sul suolo italiano.
La storia ci parla e documenta il nostro passato.
All’orizzonte, verso l’alta Val Chisone, la bellezza delle montagne, del cielo appena pennellato di nubi bianche, della neve scintillante ci racconta dell’unico vero bisogno dell’uomo, la pace nell’incontro delle culture diverse che sono la ricchezza del nostro pianeta. Dobbiamo fare come quell’albero che ho incontrato nel tratto finale del sentiero: pur circondato da un’arida pietraia tende i suoi rami verso l’alto, indica la strada ed è pronto a rinverdire ancora una volta.
(C. Reymondo)

La fontana
La fontana