‘Bulei’ – Funghi

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Un giorno qualunque di settembre, anni settanta: oggi si va per funghi!
Sveglia al mattino alle cinque e mezza o giù di lì, mentre il caffè passava nella napoletana, un pigro caffè da prima mattina, con il vestirsi già si entrava nel rito, per funghi non si va mica con la roba di tutti i giorni!
Camicia a quadri di flanella, pantaloni di velluto, una maglia usata e il giaccone militare, tutta roba forte, ma di uso un po’ andante senza badare troppo a dove ci s’inginocchia o dove ci si siede.
Le scarpe poi devono essere alte, scarponcini senz’altro, meglio se hanno la suola di Vibram, col bollo giallo ed il carroarmato che artigli bene.
Un bel cestone di vimini da tenere sotto il braccio, che al momento di entrare nel bosco si dovrà foderare con larghe foglie di castagno, mentre al di sopra si metteranno le felci ad evitare che i funghetti rotolino via se malauguratamente ci si dovesse inciampare.
Nelle tasche: da una parte una pagnotta e dall’altra una colazione, ciascuno prende dietro quel che piace, il cacciatorino, un pezzo di formaggio o tavoletta di cioccolata, e si ripone nel bicchiere di latta piatto, per bere alle fontane celate nel bosco.
Ancora: il coltellino a serramanico Marietti, senza sicura, la moda degli Opinel verrà dopo, e così anche l’inox.
Il bastone, dritto, di nocciolo o di castagno, con la forcella in punta per spostare le foglie che potrebbero celare il tesoro.
E poi via, partenza, tutti sulla seicento, che sembra un aeroplano, per la strada non si incontra nessuno, (gli operai della vicina fabbrica sono già entrati), ancor meno persone si incontrano nelle buie strade che salgono tra i boschi.
I rari “buleiàire”, i montanari che raccolgono i funghi per venderli, mentre noi ci avviciniamo, stanno già raccogliendo i migliori; loro han fatto meno strada (spesso abitano nelle borgate alte), o s’infilano ancor più presto con la Vespa per le strade sterrate.
E poi vanno a colpo sicuro, anche con le prime luci del mattino, che conoscono i posti…
A noi basta arrivare sul posto che albeggi, in modo da vederci qualcosa quando si entra nel bosco.
La macchina si parcheggia sul cocuzzolo, così per ritrovarla basta salire.
La compagnia esce e si stiracchia, le brume sono diradate, ma l’erba è ancora bagnata, e il fresco pungente risveglia più del caffè.
Senza troppo rumore ci si allarga, non vicini da intralciarsi ma nemmeno distanti da perdersi, giusti da sorvegliarsi a vicenda, e la ricerca ha inizio.
Non sono facili da vedere i funghi dal colore delle foglie, solo forse i gialli galletti (o “garitule” come si dicono in dialetto) danno meno problemi. Ma lo sguardo si abitua poco per volta e il passo si adegua e rallenta.
Dapprima un po’ più svogliata, quasi indifferente, la ricerca diventa via via più attenta man mano che i primi funghi vengono trovati.
Basta un gesto a capirlo un inchino un po’ più prolungato, la mano che cerca e ritorna celando il piccolo bulè sodo o brandisce l’alta capretta (Boletus Edulis) o la manciata di gialli galletti.
Se il giro è ben congegnato, dopo un paio d’ore o tre al massimo, passa di sicuro vicino a una fonte, sono ormai le nove, ci sta una sosta, la colazione.
Ha un gusto diverso quel pane e formaggio, o salame, o, ancor più goloso di tutti, il cioccolato. Fondente. Novi.
Si riprende quindi, con buona lena a cercare, sempre rari gli incontri e cauti, meglio girarsi alla larga, mai che l’altro scopra i posti giusti.
Certo un saluto non si nega ma… asciutto asciutto e poi via, ognuno per la sua strada. Il giovialone sproloquiante trova poca udienza per i boschi.
Del tutto disdicevole, addirittura ineducato, chiedere all’altro di mostrare il bottino.
Non si ritorna tardi di solito, c’è ancora pranzo da preparare, e al ritorno il rito continua: le prede vengono esposte a bella mostra sul tavolo, anche il vicino si complimenterà e se la caccia sarà stata abbondante uno si regalerà sempre volentieri.
Oggi le cose sono un po’ cambiate, ci va il permesso, spesso arrivano orde di cittadini a rastrellare il bosco, che neanche i cinghiali devastano così, tutti lamentano che ce ne sono sempre meno… poi, ogni tanto a smentire le voci l’Annata Eccezionale, dove i funghi crescono appunto come funghi, e ci ricordano che forse sia ancora più forte la natura di noi, nonostante tutto.
(M. Medaglia)
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