A regola d’arte

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Voglio parlare di arte quotidiana, di quella che la gente della mia terra eseguiva, e in parte esegue ancora, senza sapere d’essere artista.
Voglio parlare delle cataste di legna.
Qualcuna c’è ancora, altre sono soltanto mucchi di legna.
Nelle cataste autentiche i tronchi sono spaccati, a diametri sufficientemente piccoli per entrare nelle stufe, e perché la legna spaccata secca meglio e prima. Se da quella legna dipende il tepore d’una casa e il suo cibo, allora ecco che la catasta è curata, in tutti i dettagli, e la legna è sistemata e non ammucchiata.
Sono mosaici le cataste. Ogni pezzo al suo posto, e non ne potrebbe avere un altro, come una nota in una sinfonia. Pezzi squadrati e pezzi tondi mescolati a giuste dosi per garantire l’equilibrio della costruzione.
Pezzi grandi misti ad altri piccoli, a riempire ogni spazio e formare un muro compatto. Pezzi orizzontali e altri trasversali, così che la catasta non abbia bisogno di sostegni per ergersi al sole. E sotto, tronchi poggiati talvolta a terra, altre volte su pietre, perché circoli l’aria e nemmeno un pezzo abbia a marcire, o a deteriorarsi. Perché c’è legna secca e legna secca: quella buona è pesante e compatta, quella leggera è fiosca, diceva mia mamma; perché ha preso acqua; anche dal suolo; vale poco, brucia subito e non lascia brace.
Oltre a quelle fatte di tronchi, interi o spaccati, ci sono cataste formate da pezzi corti, due spanne circa, pronti per la stufa. Più difficili da allestire, altrettanto curate.
Infine, l’aspetto di una catasta: deve essere bella, deve destare invidia e non biasimo, deve essere fatta a regola d’arte. Soltanto così si spiega l’armonia, anche cromatica, tra i vari pezzi di legno. Come punti di arazzo, come pennellate d’affresco.
Si dovrebbero firmare, le cataste. Come opere d’arte. Ricca.
Senza volerlo siamo tornati indietro nel tempo.
Ce ne scusiamo, ma il vedere lavori realizzati anche per il gusto di averli fatti bene, e perché siano belli, suscita sempre la nostra ammirazione.
Probabilmente perché siamo vecchi.

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