Puntini blu

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In questa stagione, e ancora per un po’ di tempo, il suolo delle valli, qua e là, dalle terre più basse a quelle più alte, è cosparso di puntini blu. A volte fitti nelle erbe incolte, a volte radi su terra quasi nuda, piena di pietre, arida e sterile. A volte, tra un mese circa, addirittura sulle rocce, a picco sul vuoto o sull’acqua.
Parliamo di campanule.
Sono tantissime specie, presenti ovunque. Alcune comuni, altre quasi rare, altre rare davvero; altre ancora uniche, endemiche, della nostra terra. Alcune addirittura commestibili.
Non le elenchiamo, un po’ a evitare il rischio di figuracce, anche se potremmo chiedere aiuto ad amici capaci, un po’ perché, tutto sommato, ci interessa poco.
Quel che conta è che sono belle, bellissime, tutte; e speciali, perché un fiore a forma di campana, di campanellino, per forza, per natura, è speciale.
Di due tuttavia vogliamo parlare, perché più speciali delle altre.
La prima, campanula occidentale – Campanula alpestris All. per i sapienti. Perché vive soltanto sulle Alpi occidentali. La desinenza è riferita al botanico torinese Allioni che per primo la indentificò e studiò.
Questa campanula è tutto fiore. Enorme rispetto alla pianta, striminzita e modesta, prostrata al suolo tra sabbia e sassi in alta montagna, ben oltre i 2000 metri di quota. Come riesca a quell’altezza vivere un fiore così delicato è difficile comprendere. Ma in natura nulla è semplice. Tutto è giusto, però, onesto. E soprattutto funziona.
L’abbiamo incontrata in vetta alla Gran Plà la nostra campanula, una cima non celebrata che offre uno splendido sguardo sull’alta valle del Chisone e sulle fortificazioni del Gran Seren.
Molte piantine, pur floride e in salute, erano senza fiori. Recisi, restavano i piccoli gambi e nulla più.
Chi sarà il mariuolo che le ha prese, ci siamo chiesti. Dargli una legnatina sui ditini… abbiamo auspicato.
Giungendo in vetta abbiamo disturbato un gruppo di camosci. Gli adulti si sono allontanati seccati con dignitosa alterigia, un giovane camoscetto invece ha ritenuto di mostraci quant’era bravo, scendendo a valanga lungo la pietraia che in un baleno porta al fondo nel vallone. Per farsi beffe di noi, e pure per suscitarci un po’ di invidia.
I camosci, ecco i mangiatori di campanule occidentali. Allora più niente da dire: loro ci stanno tutto l’anno su quelle pietre lassù e qualche diritto ce l’avranno pure.
Qualche centinaio di metri più in basso, in riva al laghetto del Gran Seren, quello grande, altre campanule. Più alte queste, esili sugli steli, a fremere nel vento. Non più isolate, ma tante assieme, a fare famiglia, strette le une alle altre. Siamo di fronte alla Campanula scheuchzeri, semplicemente campanula di Scheuchzer per i non eruditi, dedicata ad un botanico tedesco.
Attorno al lago la campanula si mescola ai garofanini in una miscela di colore unica, da incanto in quel luogo già di per sé bellissimo.
Pare che la scheuchzeri non interessi ai camosci. Meno male.
Se anche gli umani terranno le mani a posto… la rivedremo il prossimo anno.
(Consulenza botanica S. Picco)