Storie di brezza

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Pourrieres, dal nome francesizzante come spesso accade in alta Val Chisone, è frazione del comune di Usseaux. Posto al culmine della salita che porta da Fenestrelle a superare la profonda gola scavata dal torrente Chisone, inaugura la grande spianata, quasi una pianura, che giunge fin oltre Pragelato. Dopo, di piatto non c’è più nulla fino al Colle del Sestriere dove, sotto l’asfalto della cittadina alpina, il suolo spiana un attimo e inverte la pendenza per piombare sulla Valle di Susa, avvicinandosi alle terre francesi.
Pourrieres tuttavia non è conosciuto per queste sue caratteristiche morfologiche dettate da una geologia particolarmente creativa, ma per il suo lago. Artificiale.
Costruito nel 1950 dalla RIV – allora fabbrica di cuscinetti a sfere e a rulli sita a Villar Perosa –, alimenta la centrale idroelettrica di Fenestrelle, circa 400 metri più in basso. Era il tempo in cui le risorse di un territorio venivano sfruttate e reinvestite sul territorio stesso: in questo caso l’energia elettrica dava vita alle officine metalmeccaniche di valle e creava migliaia di posti di lavoro.
Altri tempi.
Oggi le risorse di una terra alimentano il mercato.
Il lago è molto bello; l’acqua azzurra sempre, funge, per chi osserva dalla riva destra, da palcoscenico del villaggio di Pourrieres, luogo abitato fin dai tempi antichi, ben prima del lago e del mercato globale.
L’architettura è simile a quella degli altri villaggi di Usseaux. Stradine a misura d’uomo e di mulo a raccogliere le case in un tratto stretto stretto, ma non ammucchiate, ammassate. Sono disposte ciascuna secondo una logica naturale, dettata dalla posizione, probabilmente dalla data di costruzione, certamente dal profilo della terra che la sostiene. Dalla roccia che in quel punto affiora. Non la vediamo oggi la pietra, ma c’è: perché gli antichi villaggi non erano mai costruiti sui terreni belli e fertili, quelli erano per il pane, ma su quelli più poveri, rocce e pietre appunto. In sicurezza, tanto da giunger fino a noi a mostrarsi belli. Ingentiliti dai fiori che ovunque coronano il luogo, gli angoli, le viste che improvvise appaiono alla svolta secca d’una stradina.
Anche la chiesa si svela così. Da lontano il campanile cattura la vista, un po’ più alto delle case ma non sfacciato; da dentro non lo vedi fin che non gli sei addosso. Lui, la facciata della chiesa e la piazzetta con la fontana in pietra a ricordare i tempi, non lontanissimi, quando l’acqua entrava nelle case portata a braccia in secchi di lamiera o rame stagnato. Ieri.
Pourrieres, come tutti i villaggi alpini, è luogo della memoria.
Oggi che non vivono più di agricoltura famigliare o di piccolo allevamento ma di turismo, questi luoghi vanno visitati, scoperti, quando non c’è ressa, lontano da celebrazioni e ricorrenze afflitte talvolta da consumismo eccessivo; per riscoprire la loro semplicità, essenzialità, senza fronzoli né sprechi.
A Pourrieres c’è sempre un po’ di brezza da valle verso monte a lisciare il viso, a increspare l’acqua del lago così da mostrarla tutta a striscioline di argento; crescente con la giornata e il calore del sole, a morire nel tramonto.
La brezza è figlia del vento.
Dicono che a volte il vento porti le parole, i canti e i suoni del passato. Le storie. Anche la brezza può tanto. Occorre silenzio perché il prodigio si avveri.
Per udire nelle stradine i campanacci delle mucche dirette alle stalle, lo zoccolare dei muli, i richiami delle madri ai bambini dimentichi dei loro compiti, troppo presi dal gioco. Le voci dei vecchi a ragionare del tempo di domani, se potrà falciarsi l’erba per il fieno o sarà meglio attendere.
Occorre silenzio per cogliere la voce della brezza.
Nell’angolo tra la chiesa e la stradina che conduce nel fitto delle case. Mentre l’acqua del lago si fa tutta d’argento.

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