La processione

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Il suo nome italiano è maggiociondolo – Laburnum anagyroides per chi ha studiato. La mia gente lo chiama alburn.
Ha questo nome perché fiorisce a fine maggio e giugno; alle quote più elevate del suo areale anche più avanti.
Parliamo di un albero pioniere non molto grande, niente a che vedere con pioppi, faggi e castagni per intenderci. Però è speciale.
È parente dei fagioli e dei piselli, tant’è che sul finire dell’estate i suoi rami si coprono di piccoli fagiolini lunghi al massimo una decina di centimetri, pieni di semini marrone.
L’alburn è leggermente tossico, almeno per gli umani, ma ad alcuni animali, conigli in testa, le sue foglie e la sua corteccia piacciono tantissimo. Era uso, tra la mia gente, raccoglierne le frasche e farle seccare quale alimento per le capre in inverno. ‘Fare la foglia’, si diceva.
Vive nelle zone più umide e fresche ai margini dei prati e dei campi. Per questo, mano a mano che il bosco avanza riprendendosi quanto abbandonato dalle colture, lui diminuisce di numero. Ma noi abbiamo la fortuna di vederlo ancora e, da quando siamo nati, l’abbiamo ammirato ogni anno, e pure assaporato, perché il profumo dei suoi fiori, a differenza di quello della corteccia che è repellente, è dolce e invitante e ci piace moltissimo. Ci fa assaggiare la primavera e ci prepara alla magia di profumo che verrà di lì a poco con la fioritura dei tigli.
Il legno dell’alburn è molto duro e si lavora bene. Si presta alla scultura. Un tempo lo si faceva bollire per poi modellarlo: era il procedimento per la costruzione delle canaule, collare per pecore e capre, che spesso veniva inciso e colorato.
L’alburn è l’ebano dei poveri, ha detto qualcuno. L’ebano delle Alpi.
La vera meraviglia dell’alburn però sono i fiori, giallo oro splendente, a grappolo, simili quanto a forma a quelli della robinia pseudoacacia, nota anche, erroneamente, come gaggia.
Tanta bellezza ha sempre colpito gli uomini. Forse perché tutti assieme i maggio ciondoli colorano ampie zone delle montagne in giallo, forse perché giungono al culmine della primavera, forse perché, semplicemente, quei fiori sono molto belli.
Il 19 giugno – il giorno quest’anno sarebbe il 16, ma una delle riforme epocali del nostro Paese ha modificato le date – si celebra il Corpus Domini. Per la processione la gente addobbava con fiori di alburn i bordi delle strade percorse dal Crocifisso e dall’Ostia consacrata.
Era un moto di popolo a fare tutto giallo, a partecipare con entusiasmo alla festa.
Le ragazze, Figlie di Maria, sfilavano vestite di bianco.
Forse la devozione ostentata non corrispondeva a quella vera, ed erano più gli aspetti prosaici – nel senso di materiali – ad avere il sopravvento, ma il tutto, accompagnato da canti e preghiere, era bello e affascinate, coinvolgente.
Non siamo esperti di processioni ma crediamo a quanto ci dice un’amica che quell’esperienza ha più volte vissuto.
Proprio bella, racconta mentre sorride con un po’ di nostalgia intanto che i pensieri e i ricordi volano dolci.
Bella come i fiori di alburn, colorata di giallo oro, profumata dei suoi fiori, come profuma tutto quello che carezza il cuore.
Chissà che quest’anno non ci venga voglia d’andare a vedere la processione…

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