I ‘Babi’

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Li chiamano Babi, rospi, gli abitanti di San Germano Chisone. D’altra parte quelli di Villar Perosa sono Limase, chiocciole, mentre ad Inverso Pinasca ci sono i Fatacu, una varietà di fagiolo rampicante, e via soprannominando, ogni comune ha il suo, per così dire, nome d’arte.
Retaggio di cultura antica.
Perché Babi? Perché nella breve pianura alluvionale creata dal Torrente Chisone appena a valle di San Germano, prima dell’arrivo dello sviluppo, là dove la terra si appiattisce, le acque si allargavano dando vita a una serie infinita di stagni, piccoli ruscelli, buche. Senza contare le risorgive. L’ambiente ideale per i rospi, soprattutto per riprodursi e permettere ai piccoli, cioè ai girini, di crescere e avviarsi al mondo.
Nei tempi andati il nomignolo non era gradito ai Sangermanesi e succedeva che altri li provocassero su questo tema, dando origine a risse di un certo peso. In occasione di feste e magari dopo aver alzato il gomito un briciolo più del necessario.
Sempre retaggio di cultura antica.
Oggi invece se ne fanno vanto, perché quel Babi rappresenta la loro terra, la loro cultura, la loro storia. Le loro radici. Quel Babi ricorda ai Sangermanesi da dove vengono, così che, se lo vogliono, possano chiedersi dove andare.
Oggi il Babi, una sua scultura lignea, fa bella mostra di sé a centro paese, di fronte alla farmacia, dove tutti, proprio tutti, passano.
Un altro, diremmo bronzeo, è sulla rotatoria presso il Chisone per accedere alla strada che conduce in paese.
Retaggio di cultura moderna?
Forse.
Certamente, affetto per la propria terra.
Un’ultima cosa. Un dubbio che ci assale proprio ora.
Il Babi di bronzo presso la rotatoria, non è che l’abbiano messo lì dove passano così tante auto, a ricordo delle migliaia e migliaia di babi che schiacciamo con indifferenza e disattenzione, con noncuranza, sotto le nostre ruote…
Ma no. Che idea. Sono soltanto babi… Mica si fa un monumento ai babi.