Il vento ha portato via i funghi.
Bene. Assieme s’è preso i cercatori con le loro auto e i loro schiamazzi.
Nei boschi è tornata la quiete, si rifanno sentire la ghiandaia di giorno e di notte l’allocco, che hanno sempre un mucchio di cose da dire.
Se i funghi son partiti, sono arrivate le castagne.
Pane per la mia passata gente. Completavano la dieta povera e la facevano ghiotta. Solo fino ai 1000 metri di quota, che più su il castagno non cresce.
Castagne per gli uomini e per i loro animali.
Castagne bollite, condite con un pizzico di sale o con una foglia di salvia; castagne e latte: un’istituzione.
Mio padre (classe 1921) raccontava di quanto fossero buone le castagne col latte della nonna (sec. XIX).
Anche mio figlio ricorda con nostalgia le castagne e latte del nonno (classe 1917).
Mia madre invece non ha ricordi ghiotti. Lei abitava in una borgata poco oltre i 1000 metri, e lì non c’erano.
Raccontava con tristezza che poco più giù certi suoi cugini ne avevano, ma nemmeno a loro bambini ne regalavano qualcuna.
Perché le castagne erano preziose. La gente affamata. Forse più egoista di oggi.
Tra le castagne i vecchi distinguevano, dando loro valore, quelle degli alberi innestati, mentre quelle dei selvatici, le brope, erano considerate un po’ così. Ho impiegato anni a capire la differenza, perché le castagne mi sembravano tutte uguali e sempre buone.
Quando cambia la stagione sono indispensabili, senza di loro non sarebbe autunno.
La raccolta delle prime castagne è un rito, lo era per la mia gente e lo è ancora oggi per me; come la ricerca dei funghi.
Da mangiare subito la sera stessa della raccolta. Accompagnate da un bicchiere di vino, meglio se di latte.
Oggi la maggior parte delle castagne rimane a disposizione degli animali del bosco. Forse per questo sono tanto ciarlieri l’allocco e la ghiandaia. Senza dimenticare topolini vari, scoiattoli, caprioli e cinghiali.
I castagni domestici sono rari, tutti oltre il secolo d’età, tagliati senza ritegno nel corso degli anni per un pugno di denari. Mai sostituiti.
Pochi le raccolgono, pochissimi tra le nuove generazioni, perché a loro nessuno ha insegnato che le castagne vengono nel bosco, sotto gli alberi; che basta chinarsi e metterle nel cestino o nel sacco, che si possono cuocere in casa senza bisogno del carrettino all’angolo della strada che le fa pessime e le vende carissime.
Oggi ho raccolto un po’ di castagne. Schiena leggermente dolente ma non troppo, e attesa per mangiarle alla fine del pasto serale.
Domani porterò con me nel bosco i nipotini, quelli che sanno già camminare. Gli altri tra qualche tempo.
Li porterò ad ascoltare le chiacchiere della ghiandaia e a raccogliere le castagne. Perché sappiano che il bosco ha voce e anima.
Domani pomeriggio, lontano dal bosco, infisse tre pietre verticali nella terra, prepareremo un focolare, accenderemo il fuoco e cuoceremo le brusatà, le caldarroste.
Nostalgia? Ma no, è perché i miei nipotini sappiano quanto è bello il bosco, chi sono le castagne e quanto son buone; così lo racconteranno agli amici e lentamente tornerà la cultura della castagna.
E perché ricordino tutta la vita, lo confesso, quanto erano buone le brusatà del nonno.
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Le ‘brusatà’ del nonno
on 15 Ottobre 2022
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