I segni di Pra Lunìe

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Salendo dritto dalla frazione Ribetti su per i prati ripidissimi, cercando di evitare le zone fangose per non inzaccherarsi troppo, si giunge a una casetta che, da poco più su, appare come la prima di un gruppo che costituisce un grazioso agglomerato di miande.
Quasi tutte integre e conservate, con il volto di tanti anni fa.
Siamo a Pramollo, Pra Lunìe.
Verso sud, oltre la Vaccera, emerge dalla nebbia la linea inclinata del Monte Bracco che dà sulla valle del Po; alle spalle spicca il verde dei pini che coprono la cresta confinante con la valle del Chisone; di fronte, verso Ovest, la sagoma acuta del Gran Truc con tutte le gobbe che, sulla destra, lo separano dal Colle di Lazzarà.
Luogo d’incanto.
La poca neve sopravvissuta chiazza qua e là la tavolozza, a dispetto dell’inverno, nemico dei colori.
Luogo d’antica frequentazione umana. Da millenni.
Pra Lunìe ospita i segni, incisi su roccia, dei padri dei nostri padri dei nostri padri, lontanissimi nel tempo che fu. Discreti, nascosti, silenti, come silenzioso è il luogo.
In questa stagione nessun suono disturba la quiete della montagna. In natura lo spreco è bandito. Non si canta e non si chiama quando non ce n’è motivo. E motivi non ce ne sono, nel tempo del freddo.
L’inverno è stagione di silenzio.
Sotto la neve. Quando viene.
Pra Lunie resterà ugualmente nel silenzio, nella pace. Anche senza neve. Appena turbato dai caprioli, dai cervi e dal lupo.
Silenzio a custodire segreti. Quelli di millenni fa, incisi sulle pietre, scomparsi dalle nostre menti.
Come la neve che non vuole più coprire la terra.
Globalizzazione, clima cambiato, dicono.
Peccato non si cambi anche noi.

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