La ‘Mianda del Colet’

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La ‘Mianda del Colet’

Da Usseaux una bella stradina sterrata chiusa al traffico, anche quello fuoristrada, conduce a Pian dell’Alpe.
Un tempo era una mulattiera, pavimentata con sassi grossolani disposti con rara maestria. Ci passavano quotidianamente centinaia di mucche e i loro custodi, muli carichi di fieno e, allora, rari turisti: i villeggianti.
Non si coglie più nulla dell’antica vita di quei luoghi, nemmeno il fango dei ruscelli che in alcuni punti tagliavano la mulattiera rendendola a tratti un po’ più difficile da percorrere.
Oggi è tutto pulito, e tutto silenzio.
Ma la stradina figlia della vecchia mulattiera è bellissima.
Quasi a Pian dell’Alpe il percorso devia bruscamente a destra e si fa più stretto. Raggiunge i prati e si avvia, pianeggiante, verso il chiaro del cielo di fondo valle, a Est.
Il sentiero invita ad andare. Segue il percorso di un antico canale, largo non più di un metro, che attingeva l’acqua al Rio di Usseaux. L’acqua che sgorga, qua e là, da tante sorgenti sparse sotto il Colle delle Finestre.
Alcuni ‘Gratacui’, rose selvatiche, dalla tardiva fioritura, sorridono a chi passa. L’erba è folta e profumata, le genziane svettano a macchiarla di giallo. Lentamente si entra nel regno dei larici.
Su uno stelo un insetto dal nome terribile, Ascalaphus libelluloides: per i non sapienti, in italiano, ascafalo bianco, non meno terribile del nome scientifico. Insetto sfortunato, perché oltre al nomaccio che porta, non è farfalla, non è libellula e neppure mosca; una via di mezzo, un’identità ibrida. Uno scherzo di natura, ci verrebbe da dire, se non avessimo imparato, a nostre spese, che la Natura non scherza mai e non è mai casuale.

Ascafalo bianco

Mentre questi pensieri ci affollano la mente, i larici si son fatti più fitti. Siamo sul ‘Sentiero della Lepre’, avvisa un cartello.
Altri cartelli, posti dalla stessa mano, invitano a pensare. Con ironia. Per scherzo; finto.
Poi il ‘Sentiero della Lepre’ devia e scende. Noi procediamo dritti, in piano. Fino al ‘Colet’.
La casetta, una ‘mianda’, intatta dalla notte dei tempi, ma accudita e curata, ci accoglie nella semplicità.
L’hanno costruita sull’unico lembo di terra piana. I larici a monte la riparano dalle slavine, e le rocce a valle la proteggono dai visitatori molesti. Se una mela sfuggisse di mano finirebbe dritta filata a Fenestrelle.
L’acqua del Rio di Usseaux, che non viaggia più nel suo piccolo canale ma in un tubo nascosto sotto terra, sotto il sentiero bello pianeggiante, qui torna alla luce, a far pozza in un tronco scavato, a rompere il silenzio del luogo: per cantare un po’, come ama fare l’acqua quand’è libera.
Attorno alla casa l’erba è stata tagliata, con garbo. Poco lontano invece è tutto intatto, e la ricchezza di quel prato, quanto a varietà di fiori, colori e forme, lascia sbalorditi.
Tra un po’ verranno le mucche a brucare. Come tanti anni fa, quando la mulattiera da Usseaux era selciata con grandi sassi, quando l’acqua correva al sole e non c’era la stradina pianeggiante.
Il latte invece sarà uguale, con lo stesso gusto e il medesimo profumo. Dolce.
Al ‘Colet’, una manciata di terra piana nascosta, baciata dal sole, in faccia all’Albergian, al riparo delle slavine, dove non devi lasciarti sfuggir nulla di mano e dove, se vuoi, puoi sognare.

‘Gratacui’, rose selvatiche

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