Volevo raccontare di neve…

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Aquila reale – foto F. Moglia

Fra tante giornate di pioggia in bassa valle e di neve sui monti ecco un raggio di sole. Un giorno intero senza precipitazioni. Zaino in spalla, itinerario sicuro, calzature e abbigliamento adeguato e via a cercare quell’immensa gioia che la neve può darti.
Lungo il percorso una grande valanga è scesa a lambire quasi la strada. In alto ma non troppo due immense ali volteggiano sulla neve accartocciata e rannicchiata su se stessa. Non un suono si sente. Sul bianco della neve misto a terra corre qualcosa. È veloce il guizzo, così come l’arrestarsi, quasi a voler riprendere fiato in un secondo brevissimo. E poi la corsa riprende. Pare di udire il respiro trattenuto per correre più in fretta. È una lepre. Con le sue zampe spicca dei balzi che si susseguono l’un l’altro. Il pelo non è ancora mimetizzato, la punta delle orecchie è scura.
Le potenti ali si abbassano. Riconosco ora il becco uncinato e la testa grande e fiera dell’aquila. Sotto al corpo le zampe mostrano artigli affilati, ricurvi come il becco, potenti come la forza delle ali. Lo scintillio del sole sulla neve si confonde con i guizzi della lepre che sfugge al predatore e la determinazione di quest’ultimo.

Lepre bianca – foto F. Moglia

La lepre corre ancora e l’aquila è sempre più vicina. Si abbassa sulla valanga. Si rialza e nulla stringe tra gli artigli. La lepre è corsa lontana. Salvata dagli avvallamenti della valanga che hanno confuso il rapace. Non potrà sfamarsi l’aquila.
Pur avendo preso fin da subito le parti della lepre mi rendo conto che le leggi della natura seguono percorsi diversi dalle mie emozioni: quello era il pasto dell’aquila.
Le emozioni non sono finite. Quando ancora il rapace è lì vicino alla valanga, e forse attenderà per sorprendere ancora la lepre che forse uscirà dal suo debole nascondiglio, vedo il profilo di un camoscio sulle rocce che sovrastano la lunga lingua di neve devastata. Poi un altro si avvicina ed entrambi si buttano giù nella neve in un salto che ai miei occhi pare impossibile da compiere. Forse anche l’aquila ha la stessa percezione e si leva in volo lasciando il palcoscenico ai due scatenati. Per i camosci è questa la stagione degli amori e forse il balzo prodigioso era il risultato di un inseguimento di due maschi per la difesa del territorio.
Di neve volevo raccontare ma oggi la natura mi ha riservato un posto d’onore per uno spettacolo incredibile. In modo del tutto casuale la valanga è diventato teatro all’aperto. Spero di incontrare uno scoiattolo sui rami dei larici che si profilano più avanti.
(C. Reymondo)

Camoscio – foto F. Moglia