Dove fioriscono i ciliegi

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Pemian

È trascorsa un’altra settimana. Il paesaggio rettangolare dai vetri è cambiato.
La neve ha perso terreno sul Gran Truc. Il villaggio di fronte, sull’altro versante del vallone, Pemian, s’è circondato di bianco, ma non di neve: dei fiori dei ciliegi.
Il tempo passa e, assieme alle stagioni, cambia velocemente il volto al mondo.
Perché, vien da chiedersi, tanti ciliegi a Pemian? Che li abbiano piantati?
No, sono spontanei. Hanno occupate le terre che un tempo lavorava l’uomo. Quel posto era tutto un campo di patate, biada e frumento; granetto, si diceva. Non decine di secoli fa. Meno di cento anni.
Quel villaggio era densamente popolato.
Per nutrire tutti, avevano strappato la terra al bosco, ai faggi, con tanto lavoro e tanto sudore. E con speranza di un futuro migliore.
L’hanno offerto le industrie quel futuro, o così si è creduto, e le terre sono state lentamente lasciate.
I ciliegi sono piante pioniere. Assieme ad altre come loro occupano le terre appena l’uomo le abbandona, per cominciare un lunghissimo processo che riporterà quella terra ad essere com’era. Coperta di faggi.

Faggi

L’uomo ha prima cambiato la faccia dei luoghi, poi li ha lasciati, quasi a rinnegare quanto fatto.
La natura non guarda in faccia nessuno, incurante dei pensieri e dei sentimenti umani. Gioca in tempi lunghi, opposti a quelli brevi brevissimi sempre più brevi dell’uomo. E vince.
I ciliegi sono i messaggeri dei faggi che stanno per tornare.
L’uomo si danna e combatte, con se stesso e con i suoi simili, con il corona virus quando capita. Il nostro amico verme. Nell’indifferenza di quanto lo circonda, che a volte si prende la rivincita. In tempi lunghi.
Tutto questo ci è venuto in mente osservando i ciliegi di Pemian.

Fior di stecco

Mentre loro fioriscono, nei ruscelli, nelle combe, quelle nascoste e più fredde, il fior di stecco offre i suoi fiori rosa delicato, che ti si parano davanti quando meno te lo aspetti. Per carezzarti gli occhi.
Poco lontano, in quell’angolo di regno d’acqua pulita, in un raro lembo di terra chissà perché pianeggiante, c’è una pozza, uno stagno: le rane, qualche tempo fa, vi hanno deposto le uova. Ora sono nati i girini. Immobili nel freddo del mattino, sfrigolanti vita ed energia nelle ore appena più tiepide.
Perché nelle combe, nel regno dell’acqua pura, non c’è mai caldo.
Tutto questo ci corre nella mente mentre osserviamo dalla finestra. Mentre impazza il verme, indifferente agli umani.
Anche lui ha tempi lunghissimi, miliardi di anni, mentre l’uomo, la sua età di specie la misura in decine di migliaia soltanto. Un nulla.
Se qualcuno riesce ad avere un’età tanto lunga, vuol dire che è compatibile con l’evoluzione, che è l’unica legge a cui nessuno sfugge.
Vinceremo il virus verme, non abbiamo dubbi; ma questi principi non dovremmo dimenticarli mai.
Lo ricordano i ciliegi di Pemian.

La pozza dei girini