Acqua e penne di struzzo

con Nessun commento

Se si potesse, questo sarebbe il momento d’andar per torrenti. Per ruscelli.
Per l’acqua questi sono i giorni più belli. E anche per chi l’ama.
Perché all’acqua consueta, quelle delle inesauribili sorgenti che hanno tenuto vivo il torrente in inverno, si è aggiunta quella della neve; acqua giovane, appena nata, con una gran fretta di correre: ha colori chiari, freschi, puliti dalle rocce lisciate nei secoli su cui ha corso fino ai tuoi occhi.
A queste acque, in questa stagione, a volte se ne aggiunge un’altra: quella della pioggia, dalle tinte più calde, vagamente rossicce perché spesso – anche l’acqua della pioggia in primavera è impaziente – ha grattato la terra. Per lenirle il solletico, per stiracchiarla, dopo la lunga sosta invernale.
Corrono assieme, le tre acque, brillando di luce come soltanto in questi giorni possono fare, quando sugli alberi le foglie sono appena sbocciate e il sole passa indisturbato a intiepidire il suolo.
Più avanti, cresciute le foglie, sopra i torrenti si chiude la volta, come un gigantesco ombrellone, e sotto il mondo cambia. Il giorno arriva dopo e la notte sopraggiunge prima. Per dare più tempo all’acqua di riposare, dopo la corsa sfrenata della primavera.
Le sponde si vestono allora di verde fitto. Scompare il marrone delle foglie andate, il grigio della sabbia dove l’acqua ha indugiato tempo prima, e tutto si veste spesso spesso di piante e cespugli, tanto che è difficile, per gli umani, violare quei luoghi.
Perché non tutto è permesso.
Tra le prime a vestire le sponde, loro che in inverno erano soltanto un mucchietto marrone a inciamparti, perché non eri a casa tua, le felci penna di struzzo. Matteuccia struthiopteris per i sapienti. Al solito, un cognome terribile per una creatura bellissima.
I sapienti non sempre sono tali…
Crescono veloci dritte al cielo, con poca voglia di aprirsi a ventaglio, per essere più snelle, per essere più belle. Poche settimane prima lì c’erano gli incantati campanellini, tanto delicati da nemmeno poterli sfiorare.
In certi punti della loro casa i torrenti e i ruscelli riuniscono i tesori. È peccato grave violarli.
Le penne di struzzo punteggiano il suolo per la meraviglia di chi guarda e quando sono grandi, diventano rifugio per tante creature, che è bene non disturbare.
Guardarle, passare oltre e non scostarle, è permesso a chi per ventura in quei luoghi passa, anche se verrebbe voglia di coglierne una per carezzarsi il viso, o per costruire un improvvisato copricapo, da potersi nascondere nel verde e meglio osservare.
Non si può.
Le felci sono compagne della terra dei torrenti e soltanto a lei, e all’acqua, è permesso sfiorarle. Senza far loro male.

Per questo, quando l’uomo viola l’acqua, ci fa male al cuore.
Non si violentano le cose belle.
È peccato grave grave. Come fermare una farfalla, come interrompere un sogno d’amore.

Clicca sulle foto per ingrandirle.

Foto di archivio, 2017-2019.