‘I Alburn’

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Scorrendo con gli occhi il verde della montagna, da quello più scuro dei pini e dei faggi a quello più tenue dei larici e delle betulle, succede di scoprire una nota stonata, quasi disarmonica nella tinta dominante degli alberi di giugno. Pare quasi ci sia qualcosa di appassito, di ingiallito.
Ma a guardare meglio, si scopre che si tratta del giallo dei fiori degli Alburn, maggiociondolo, Laburnum anagyroides per chi ha studiato.
Un albero parente dei fagioli. Leggermente tossico per l’uomo, usato da sempre, prima della ‘globalizzazione appiattente’ che si occupa troppo della nostra salute, per ornare le vie, le case e le chiese nelle feste religiose. Nessuno ha mai avuto mal di pancia.
I fiori dell’Alburn sono di un giallo che più bello non si può immaginare, piccolini, disposti a cascata, per catturare meglio l’attenzione degli occhi e strappare a chi passa un sorriso di meraviglia.
Un giallo speciale, che la primavera accoppia al blu del cielo – sempre più raro – e all’arancio dei gigli di S. Giovanni, anche loro rari, non per colpa del meteo impazzito, ma a causa delle mani rapaci che lo colgono in dispetto della legge che lo protegge.
Meraviglie di fine primavera e inizio estate, quando tutto è verde e fresco e vien voglia di andare.
Senza dimenticare che tanta bellezza richiede amore e rispetto.

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