Amori a Villar Perosa

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(Immagini di Franco Rostagno).
All’estremo lembo meridionale di Villar Perosa c’è un luogo particolare. Tutti vi passano accanto transitando per la strael Sestriere, ma pochi sanno cosa celi quella grande macchia verde, e ancora meno sono quelli che vi sono andati, di persona, a vederlo dall’interno.
In un tempo non lontanissimo circuito da moto cross, oggi quel luogo è regno d’acqua grazie ai numerosi stagni che lo punteggiano, e grazie a quel che rimane del Torrente Chisone che gli corre a fianco.
Un luogo speciale che soltanto nel secolo addietro sarebbe stato definito acquitrino, area malsana, muis in piemontese. Oggi si parla di area umida e si sa, o almeno alcuni sanno, che è uno degli ambienti più ricchi di vita di tutta la valle. Come lo sono tutte le aree umide di qualsiasi terra, tanto che sin dagli anni ’70 del ‘900 si è pensato di proteggerle, queste zone preziose, con la convenzione di Ramsar – Iran, 2 febbraio 1971. Da allora molte altre convenzioni, trattati e accordi hanno ulteriormente sancito l’importanza delle zone umide, per la loro straordinaria biodiversità, come usa dirsi stucchevolmente oggi, abusando del termine; perché mentre i trattati fioccavano le aree umide diminuivano, soprattutto scomparivano quelle lungo i corsi d’acqua, sempre più cementificati e irreggimentati.
Quella di Villar Perosa rappresenta dunque una felicissima eccezione. Un vero tesoro, nonostante le ridotte dimensioni.
Descriverla dal punto di vista scientifico non ci compete. Noi ci limitiamo a parlarne come di una cosa bella, e siamo imbarazzati nella scelta del tema: raccontiamo l’avifauna, oppure i popoli di anfibi, quello dei pesci e dei crostacei, o ancora l’infinito esercito di insetti, o magari quello ancor più immenso dei vegetali, dagli alberi alle più piccole alghe?
Scegliamo le libellule, Odonati le definiscono i sapienti. Perché le libellule sono animali simbolici, di leggerezza innanzi tutto, che forse più di ogni altra cosa ci servirebbe oggi. Leggerezza, compagna dell’armonia e di vita serena.
Per fortuna delle libellule pochissimi sanno quanto sono brutte allo stato larvale, e feroci, altrimenti il loro mito svanirebbe come un sogno all’alba. E noi ci guardiamo bene dallo scoprirne i segreti giovanili. Facciamo di più. Grazie alle immagini di Franco Rostagno, le mostriamo nel momento più felice, in un tempo speciale, quando finisce l’estate, quando si abbandonano agli ultimi amori; quasi a voler esorcizzare la stagione fredda che non le vedrà più in volo o danzare sugli steli sospesi sull’acqua.
Colpiscono i colori delle libellule, la loro scattante velocità, la loro capacità visiva, tanto che è impossibile avvicinarle.
Da bambini, pur conoscendone il nome, le chiamavamo elicotteri, per la loro bravura nel volo da fermo; quante volte abbiamo provato a catturarle per meglio osservarle, per carpire i loro segreti. Perché anche nei bambini lo spirito predatorio spesso è vincente, e spesso con l’età adulta peggiora.
Impossibile farle nostre, erano inafferrabili come un miraggio, come un sogno abbozzato. Per questo ancora più speciali.
Nello stagno tutto è ordinato. In quell’apparente caos di piante e acqua, a noi inaccessibile che ci suggerisce di non osare addentrarci oltre, tutto è perfetto. Un cantuccio, una parte, è delle libellule, ciascuna nell’ambito della sua specie senza interferire con le altre; sembrano dettare i tempi, anche al sole che corre. La deposizione delle uova somiglia a una danza e nulla lascia trapelare l’incredibile storia che quelle uova avranno; di prede all’inizio, di predatori poi; e di metamorfosi, per cambiare molte volte aspetto e mostrarsi belle come noi le osserviamo.
Le uova prima del freddo, un’ultima volta, per lanciare la loro specie nel futuro a meravigliare ancora chi le starà ad osservare.
Tutto questo a due passi dalla strada olimpica, a Villar Perosa; tutto questo liberamente offerto a chi vuole conoscere i suoi compagni meno noti di viaggio sul pianeta. Basta andare.
Nell’oasi, un tempo campo da cross pieno di fumi di benzina combusta e di fracasso intontente.
Ma se temete di sporcarvi le scarpe, di schizzarvi di terra bagnata, lasciate stare. Potrebbe anche pungervi qualche zanzara, perché lì in estate è casa sua, e in inverno è molto freddo quel luogo. Non a caso, poco più a valle, c’è la Siberia, come la chiamavano i miei padri.
Se tutto questo vi dà fastidio, non andate.
D’altra parte, è quasi certo, a voi le libellule in amore non riuscirebbero nemmeno a strappare un piccolo sorriso.

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