Valchisone

Giunti a Col Clapier, valico tra la valle di Maniglia e il vallone di Bourcet, è d’obbligo proseguire verso Sud, in salita lungo un pendio dolce, verso Punta Midì. Per alcuni Punta Muret.
Diciamo che è d’obbligo perché il luogo, poco frequentato dalle orde turistiche, è veramente incantevole.
Da Punta Midì, poi, è impossibile non proseguire per il poggio successivo, distante poche centinaia di metri e un po’ più in basso.
Camminare in montagna funziona così, come le ciliegie: quando le mangi una tira l’altra.

Punta Midì è segnata dalla consueta croce che sorge su quasi tutte le vette. Il poggio sottostante invece, oltre a un cumulo di pietre simile a quello di Punta Midì, ha un segno molto particolare, non si capisce se messo lì per sberleffo o per scherzo, o per segnare in modo del tutto originale quel luogo: una scatoletta di tonno sott’olio infilata su un ramo di larice infisso sul cumulo.
A lato, sotto, si apre la Val Chisone, con le case di Roure scolpite nel sole, la strada e il torrente che si snodano pigramente verso valle; ecco poi le case di Meano, Perosa Argentina, quelle di Pinasca e giù giù quelle di Villar Perosa.

Dall’altra parte corre la Val Germanasca, chiusa e nascosta dalla conformazione del luogo, salvo che verso Nord, verso le vette più alte.
Il suolo della cresta è coperto da prato arido, così che sembra di camminare su un tappeto crocchiante, interrotto ogni tanto da rocce affioranti, o poste a gruppi come per farsi compagnia in quel luogo solitario.
Qua e là la terra è segnata da radici annerite dal fuoco. Radici di ginepri e di rododendri. L’incendio del 2017 ha lasciato segni ovunque, ma qui dove la vegetazione è più rada sono più evidenti. Se non fosse che sono testimoni della brutalità delle fiamme e di quella peggiore di chi le fiamme aveva appiccato molto più lontano, sarebbero bellissime quelle radici. Sculture. Il tempo, assieme al vento, alla pioggia e alla neve hanno limato i carboni lasciando il legno lucido e bello.
Un monito.
Servirà a qualcosa?

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