Il villaggio verticale

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Chi cercasse un palmo di terra pianeggiante a Pramollo rimarrebbe deluso.
Sarebbe più facile trovare un fungo in inverno, congelato nelle foglie secche sotto la neve.
Perché Pramollo è un vallone; anzi, un triplo vallone: una parte scende da Lazzarà, un’altra dal Gran Truc e l’ultima dalle praterie della Vaccera. Tutti convergono a precipizio verso il basso, verso i torrenti, anch’essi impegnati a scendere a rotta di collo verso il fondo valle. A Pramollo di terra piana ce n’è poca o nulla.
Non stupisce quindi che anche le borgate siano abbarbicate al suolo a non scivolare giù, aggrappate alla terra come l’edera al tronco di un albero.
Una però ci colpisce in particolare, ci stupisce ogni volta che abbiamo occasione di ammirarla: li Tournîm Damount, quelli superiori, come recita il toponimo.
Sarà la posizione dalla quale la guardiamo, dalla strada, dal basso, ma le case paiono sorgere parallele al suolo, che lì è verticale; non ortogonali alla terra.
Tutto il villaggio è verticale. Di piatto ci devono essere soltanto i tavoli, e l’acqua della grande vasca che impreziosisce il luogo.
In primo piano c’è una casetta bella, a pianta piccola, tutta pietre come la costruirono i padri, intatta a slanciarsi verso il cielo. Più una torre che una casa.
Altre abitazioni mostrano volti rinfrescati, ma si comprende che anche loro sono antiche. Si sono soltanto rifatte il trucco. Tutto è antico. Conservato.
Si vede, che gli abitanti dei Tournîm amano la loro terra; anche se li fa andare col fiatone.
La amano e la mantengono giovane, bella. Bianca di neve in inverno e colorata di fiori nella bella stagione. Per fare l’occhiolino a chi passa e per suscitargli un po’ di invidia.
Da lontano le case spiccano nei prati e nei campi, anch’essi verticali, che le circondano.
Guadagnato al bosco quello spazio, preso in prestito dalla montagna e domato con una lunga serie di bari, terrazzamenti. Sulle mura di quei nidi umani dominano il bianco e il giallo.
I colori del sole.
Forse proprio per godere del sole il villaggio l’hanno fatto lì, dritto da mozzare il fiato, ma riparato, che non possa fargli male il vento.