La Latta

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C’è un luogo, in Val Chisone, nel comune di Fenestrelle, a monte di Mentoulles, lungo la strada che conduce a Pra Catinat, che si chiama ‘La Latta’. Conosciamo quel nome sin da bambini quando, passando per la via principale, vedevamo l’insegna che lo indica.
Quel luogo non ci ha mai ispirati. Forse perché latta, in piemontese, si dice tola, e significa lamiera malandata, arrugginita. Il termine tola, nella mia lingua madre, si associa a qualcosa di trascurato, di dozzinale, di non elegante.
Per sessanta anni abbiamo evitato quel luogo che, tra l’altro, dalla strada carrozzabile si scorge poco e male.
Ci siamo andati ora. Per scoprire di quale errore grossolano fossimo stati autori; per avere la conferma, evidentemente necessaria, che è male fermarsi alla prima impressione, che è presunzione grave tranciar giudizi senza verificare.
La Latta è un villaggio bellissimo.
Le case sono curate, quasi tutte mantenute fedeli all’architettura originale, pietre e legno, nessun colore sbracato a ferire gli occhi. Quasi tutte ristrutturate, bene. Poche in rovina, ma si vede che qualcuno ci ha già messo mano per ridare loro nuova vita.
Una sorpresa scoprire La Latta, e scoprirne anche l’etimologia che per tanti anni ci ha tratto in inganno. Un signore ci ha infatti spiegato che latte sono le assi di legno ottenute, segando a mano con perizia, i tronchi di grandi alberi. Un murales lo conferma, permettendoci visivamente un tuffo nel passato.
Le stradine strette sono tipiche dei villaggi alpini dove l’inverno dura a lungo e dove la neve per molti mesi costringeva a riposo forzato le genti. Le case presentano numerosi particolari architettonici preziosi, con ricchezza di archi e volte in pietra; fontane in parecchi punti garantiscono l’acqua corrente. Nessuna tettoia di plastica colorata, niente tubi rossi o rosa a svolazzare per terra o sui muri. Mancano i segni più sfacciati dell’era dei consumi.
Gli alberi sono stati lasciati crescere, alcuni molto grandi, come a voler formare una cortina a proteggere le case da occhi indiscreti. Un tempo forse non c’erano, perché il sole è più importante della riservatezza, ma oggi la loro presenza aggiunge un che di affascinante al villaggio.
Unica nota stonata le linee elettriche. Deturpano il cielo ovunque.
D’accordo che la corrente elettrica è indispensabile per una vita dignitosa, siamo convinti sia insostituibile, ma possibile che almeno nei centri urbani le linee non possano essere interrate? Almeno nei villaggi belli come La Latta, dove non ci sono officine e acciaierie, ma soltanto case belle belle, belle come in un sogno.
Chissà se diventeremo vecchi a sufficienza per vedere realizzato, almeno un po’, il sogno di un cielo privo di fili a inciampare gli uccelli?


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