Denise, 1941

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È un cane anziano che ci accoglie nelle stradine deserte e silenziose di Usseaux. Perché l’inverno non è ancora sceso da cavallo e il verme ci sta risalendo – forse non ne è mai sceso neppure lui.
Strette e scure le stradine, illuminate qua e là da violente lame di sole. Ma non è ancora il suo tempo. Ne occorrerà parecchio perché possa illuminarle tutte, e per poco.
Le case addossate le une alle altre in un disordine ordinato da meraviglia, sono timide e riservate e amano restare nell’ombra, forse per pensare, forse per sognare.
Non c’è nessuno.
Sui muri le fioriere vuote si crogiolano al sole, una vecchia ciardusa – carlina, Carlina acanthifolia – ammicca dal riparo sotto un balcone, l’acqua canta come sempre, ma soltanto per se stessa. I murales, numerosi e belli, ricordano le stagioni che verranno, parlando di messi, di semine, di lavori domestici delle donne.
Ma ecco una fanciulla affacciata alla finestra, intenta a cucire un panno ricamato. Sotto di lei sonnecchia il gatto…
No, è soltanto un murales, anche quello, ma tanto bello da indurre in inganno l’occhio del visitatore che passa.
Poco più avanti un’altra ragazza, Denise, nel 1941, reale questa, disegnata per mostrarci com’era la gente tanti anni fa. Per mostrarci che la giovinezza era allora com’è ancora oggi.
La stradina continua in leggera salita. Seguirla mostra in successione case e muri e facciate sempre nuove, unite in un abbraccio di stile, tutte uniche nella loro naturale diversità.
Un bivio. Scegliamo la sinistra.
Eccoci davanti alla Chiesa. Dedicata a San Pietro Evangelista. Gli spazi angusti impediscono di apprezzarne le linee nella loro completezza, ma la piazzetta è davvero bella. Dentro, in chiesa, non si va. Peccato.
Un brutto vizio moderno quello delle chiese chiuse salvo quando lì si officia, come se al Signore piacesse vederci soltanto durante la messa.
Torniamo sui nostri passi. Da un muro ci saluta Nebbia, pacioso cane San Bernardo, e pure un maremmano. Poco oltre il Palazzo comunale; questa volta scegliamo la destra e scendiamo, fino alla strada carrozzabile, dov’era l’osteria, e dove resiste la baracca del maniscalco; ma non si sente nessuno dei suoni dei suoi ferri.
Ma forse è soltanto perché in questa stagione non c’è quasi anima per le stradine di Usseaux.
Salvo un cane anziano e quanti amano senza clamori passeggiare alla ricerca delle fanciulle che, nella loro giovinezza, osservano dai muri delle case.


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