XXV Aprile 2021. Facciamoli parlare

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Bambini al XXV Aprile 2018 a Villar Perosa

Quest’anno festeggiamo il 76° anniversario della Liberazione, il 76° XXV Aprile. Son trascorsi più di tre quarti di secolo dal primo XXV Aprile. Non eravamo nemmeno nati.
I primi XXV Aprile li abbiamo vissuti coscientemente soltanto a fine anni ’50.
Quale fosse il significato profondo di quella manifestazione lo scoprimmo ancora dopo, parlando con papà, parlando con i Partigiani. Allora erano ancora in tanti, e sorridevano sempre a me bambino.
Ma ogni tanto non badavano più a me e cominciavano a parlare e pure a discutere animatamente tra loro o con altre persone. Parlavano di lavoro, di fabbrica, di operai e di padroni.
Noiosi quei discorsi – ma quanto attuali oggi.
Occorsero altri anni per capirli, per capire il perché di quel giorno di festa, di quella banda che mi commuoveva, di quei bei colori sulle bandiere. Di tanti partiti: tutti, tranne quello dei neofascisti: non sarebbe stato ammesso, a furor di popolo.
Sono trascorsi tanti altri anni ancora.
Al di là del covid che ha impedito tutto negli ultimi due anni, di vedersi e di incontrarsi, di manifestare e testimoniare, continuiamo a scendere idealmente in piazza il XXV Aprile.
I partiti sono scomparsi; da in mezzo alla gente, almeno. Sono soltanto più in televisione e sui twit, a parlare di loro stessi.
Di Partigiani non ce ne sono quasi più. Ci sono bambini, tutti assieme, organizzati dalla scuola, che cantano e recitano, quasi sempre non sentiti, perché mancano i mezzi tecnici per farli sentire. O si profitta della scusa per non farli sentire. Di gente, dopo un periodo carente, ne è tornata un po’. Diversissima da quella dei nostri primi XXV Aprile; come è logico perché è passata tanta acqua sotto i ponti.

Le montagne della Resistenza in Val Chisone

È cambiato anche l’approccio alla Festa. Oggi ci vanno tutti a manifestare; in città anche le destre, gli eredi di quelli che benedissero, e sostennero, il fascismo.
Giusto, perché il XXV Aprile è la festa della Libertà di tutti i cittadini, di tutti gli Italiani.
Qui sta la differenza tra le due parti che si confrontarono nella Resistenza. Qualcuno lo fece per tutti, altri lo fecero con fini di parte che prevedevano l’impossibilità, per gli altri, di manifestare, cioè di esprimere la loro opinione.
Oggi alla manifestazione c’è meno politica e, a tratti, più populismo; meglio, qualunquismo.
D’altra parte da quel lontano XXV Aprile sono trascorsi 76 anni. Quanto tempo. La memoria umana è sottile.
A tratti, in certi periodi oscuri della nostra recente storia, non si sono nemmeno sentite le massime autorità di Governo. Si pavoneggiavano a parte in maglia nera. E s’è tentato di dire che nella morte i combattenti erano tutti uguali, dimenticando che alcuni erano morti per la libertà di tutti, altri per negarla. Che alcuni erano morti combattendo per una causa giusta, altri per una sbagliata.
È scorretto far leva su sentimenti di pietà per porre sullo stesso piano carnefici e vittime.
Tocca alla storia porre le vicende al giusto posto. Alla storia e alla Gente, facendo attenzione al tempo che in questo caso non è galantuomo ma impreciso, mendace, facile da manovrare, ancora una volta non nell’interesse supremo della Libertà di tutti ma di qualcuno, di una parte.
Ci disse tanti anni fa un caro amico Partigiano: noi abbiamo combattuto perché vi fosse la Libertà di fare il bene e non il male. Quell’amico Partigiano apparteneva alla ‘Gente’, come vi apparteniamo tutti noi.
Parlava con semplicità dicendo qualcosa.
La sua affermazione era talmente ovvia che non se ne coglieva il valore. Per questo era importante. Ieri come oggi.
Ogni anno che passa, dicevamo, il ricordo affievolisce. È facile costruirvi altro sopra. Dipende dalla ‘Gente’. Dalla sua conoscenza dei fatti e preparazione. In una parola, dalla cultura. Da quanto funzionano bene, o male, le scuole. Da quanto, in realtà e non a parole, siano accessibili a tutti.
Ben vengano allora i bambini, coinvolti dalle scuole o accompagnati dai genitori, e si dia loro mezzo tecnico per farsi sentire. Potranno anche essere semplici i loro valori, da bambini, appunto; magari poco originali i messaggi, ma certamente efficaci sul piano emozionale. E morale.
Tutti amano i bambini, i nostri figli e nipoti. Ecco, il dovere degli adulti, dei vecchi – il nostro – è di pensare al loro futuro, reimparando ad emozionarci per non ripeterci senz’anima e con noia. Dobbiamo impegnarci per garantirglielo sereno quel futuro, almeno quanto lo è stato il nostro passato, figlio della Resistenza.
La Resistenza è stata essenzialmente per motivi morali. Noi, suoi figli, abbiamo il dovere morale di ricordarlo e di ricordarci di operare per garantire, a chi verrà dopo di noi, di avere almeno quanto abbiamo avuto noi. Non solo, moralmente dovremmo dare qualche cosa in più, per via di quel progresso con cui ci riempiamo spesso la bocca, che prevede che il domani sia migliore del ieri.
Per trovare l’energia necessaria, facciamo uno sforzo, torniamo con la mente al XXV Aprile di 76 anni fa. In Val Chisone, in un luogo qualsiasi.

Le lapidi agli eroi del Genevris

Quel lontano giorno, oltre che di gioia e colori, era segnato dal dolore vivo delle madri che avevano perso i figli, dei figli che avevano perso i padri, delle spose e dei fratelli rimasti soli. L’eco delle montagne restituiva ancora il lamento dei loro pianti. Nell’aria sembrava persistere l’odore della polvere da sparo e della morte, gli scoppi a lacerare il cielo e gli animi. Nell’aria, nel silenzio del dolore, si potevano ancora udire gli ordini di male espressi in tedesco e le ingiurie blasfeme espresse in italiano da chi aveva tradito la sua gente.
Tutto questo si sentiva davanti alla RIV di Villar Perosa come a Bourcet, all’Inverso di Pinasca come al Grandubbione. Alle falde del Ghinivert come in Val Troncea e sul Monte Genevris. Ovunque.
Il dolore dei giusti colpiti ingiustamente, si sentiva, che non prevede vendetta ma impone ricordo. Perché la storia non si stata inutile e il tempo non sia trascorso invano.
Tutto questo va ricordato e testimoniato. L’eco tra le montagne non si è ancora spenta e non dobbiamo lasciarla spegnere. Per rispetto di chi è stato e per amore di chi verrà.
Per amore dei bambini che ci piace vedere alla manifestazione del XXV Aprile.
E diamo loro un microfono decente! Che possano farsi sentire: ne hanno diritto, facoltà, dovere e soprattutto Libertà.

I martiri della RIV di Villar Perosa