Scale per il Cielo

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Andando per boschi o per radure capita, nelle rare giornate prive di vento o senza pioggia di questa strampalata primavera, di avvertire improvviso un profumo dolcissimo, accattivante, a ricordarci che anche l’olfatto è un senso, capace di offrire sensazioni bellissime.
È profumo di mughetto quello che ci incanta, e se non lo conosciamo è difficile individuarne le fonte,
perché il mughetto dall’orrendo nome scientifico, Convallaria majalis, è un fiore schivo e timido, quasi invisibile, nascosto nel verde delle altre erbe e in quello delle sue stesse foglie, che con affetto e amore lo avvolgono.
Non a caso le storie e i miti che lo riguardano sono innumerevoli.
Per i Cristiani, il mughetto nacque dalle lacrime di Eva alla cacciata dal Paradiso Terrestre: per lenirle la pena; ma anche da quelle della Madonna piangente ai piedi della Croce sul Golgota; e pure dalle gocce di sangue di S. Leonardo, perse a seguito di una durissima lotta contro il Demonio.
Per gli altri, il mughetto protegge i giardini dagli spiriti cattivi ed è pure un potente antidoto contro le streghe.
Le fate si servono dei sui campanellini a coppa per bere: fate certamente molto piccole, ma sempre fate.
Ancora, in alcuni paesi si pensa che il mughetto avvicini lo spirito dell’uomo al cielo, e a tal proposito un soprannome ricorrente per questa piantina è ‘Scale per il Paradiso’, nome derivante, oltre che dal profumo, dalla disposizione a gradini dei fiorellini sugli steli, con l’andamento di una scala che si sviluppa dolcemente verso la luce.
Quando ad una pianta, ad un animale o ad un luogo sono riferibili così tanti aneddoti e così tante storie, allora non c’è dubbio che si sia di fronte a qualcosa di mitico, che appartiene al comune sentire, all’anima delle persone: alla sua storia. Inciso nel genoma delle genti.
Momento d’andare per boschi e per radure dunque, vento e pioggia permettendo, e senza perdere troppo tempo, perché i fiori del mughetto svaniscono in fretta, e senza le minuscole coppette da fata è difficile scorgerli.
Fino alla tarda estate quando, fuori dai boschi, nelle praterie alpine non troppo alte, forse per una magia delle piccole fate, il mughetto gode di una seconda vita e ancora si mostra a stupirci.
Non ha più nulla a che vedere con la versione primaverile, perché i fiori sono scomparsi, ma come per tutte le piante, dai fiori sono venuti i frutti. Verdi, giallino rossi arancio, a seconda della maturazione.
Ancora una volta, se non li si conosce, non è agevole capire d’essere al cospetto dei mughetti. Perché non li abbiamo mai visti così, perché nei giardini, dopo la fioritura, vengono recisi, perché sia più ordinato e bello lo straniero prato inglese. Dimenticando che per ogni terra l’aspetto più bello, quello che più colpisce e affascina, quello che funziona meglio, quello che tocca l’animo, è quello previsto dalla natura, cioè dall’evoluzione, per quel luogo.
L’uomo è sovente presuntuoso, a volte sciocco; di rado si ferma ad osservare e pensare, e spesso si nega con le sue stesse mani le cose più belle.