Le violeee…

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Questa esclamazione ci è sfuggita mille volte, più che dalla bocca, dal cuore. Tutte le volte, e sono tantissime, che le abbiamo incontrate. Seconda soltanto a ‘A fiòcaaaa – Nevicaaaa’, questo grido gioioso del cuore che non abbiamo saputo trattenere ogni volta che, alzando gli occhi al cielo, abbiamo scorto che la neve cominciava a cadere.
E più trascorre il tempo, più ci entusiasmiamo. Per la neve e per le viole. Forse perché siamo coscienti che ogni anno che passa di tempo ce ne rimane meno, forse perché viole montane e neve sono sempre più rare; forse semplicemente perché sono bellissime. Cos’hanno in comune? Nulla, se non che stanno lentamente scomparendo, e questo ce le rende particolarmente care.
Torniamo alle viole.
L’altro giorno le abbiamo incontrate presso l’Assietta, non lontano dal monumento che ricorda la battaglia lì combattuta tra Piemontesi e Francesi. Scorgerle e chinarsi per guardarle negli occhi è stato tutt’uno. Erano un po’ rovinate, forse dalla pioggia, che lassù è sempre gelida, o da qualche lieve nevicata, o semplicemente perché non erano più giovanissime. Comunque bellissime, tutte strette a volersi bene e a vibrare nel vento.
Dovremmo imparare da loro.
Tutte violetto schietto, qualcuna bianca, nessuna gialla.
Già, perché questi fiori non sono soltanto viola. Per essere più belli copiano anche i colori dalla neve e dai ranuncoli; ad arricchire una terra che vive pochi mesi all’anno ma che in quel breve tempo, quello dell’estate alpina, sa esprimere meraviglie che nessuna mente riuscirebbe ad immaginare.
Potrebbero essere le ultime dell’anno. Le prime furono al Colle della Vaccera, tanti mesi fa e tanti metri più in basso, poi tante altre, man mano sempre più su.
Dicono che la primavera risalga le montagne alla velocità di venti metri, in quota, al giorno. Ecco perché quelle dell’Assietta, 2500 metri, potrebbero essere le ultime. Così come luglio è l’ultimo mese di crescita in natura, di crescita e nascite; poi, inesorabilmente, inizia il declino stagionale.
Se in montagna la primavera giunge tardi e si ferma poco, l’autunno è velocissimo a tornare, sembra quasi non sia mai andato via, rimanendo nascosto dietro l’angolo per essere più veloce a riprendere il campo. E delle viole rimane soltanto il ricordo, che svanisce come un sogno all’alba assieme al sole che per pochissimo tempo ha carezzato le pelle.
Come tutte le cose belle.
Per questo continueremo a esultare, il prossimo anno, quando le incontreremo.
E pure l’anno dopo.